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Occuparsi di architettura attraverso la categoria della città potrebbe sembrare oggi un approccio non più idoneo rispetto al prevalere pubblicistico di un dibattito, e di diverse prassi, che vedrebbero la città formalmente compiuta non più al centro della trasformazione antropica, tra la dispersione fluida dello sprawl e l'addensamento informe della megalopoli. In questo clima di svalutazione dell'idea di città, la condizione oggettuale ed anti-urbana dell'architettura, intesa quale espressione autoreferente sino al feticismo della forma-evento dell'oggetto architettonico, sembra sancire lo stato di indifferenza tra bisogno abitativo e necessità di una forma urbana. D'altra parte però le problematiche ambientali, la necessità di predisporre condizioni di inclusione e coesione sociale, in generale la nuova "domanda di città", ci costringono a riprendere in mano la funzione di un progetto architettonico che non può prescindere dal modello della città e, nella fattispecie, per vocazione storica, di quella europea, quale laboratorio per la città futura.